Foto: D. Musselli
Intervista originale ad opera di Ana Puerto (Motosan.es)
Sandra Versluys è assistente, manager e contabile di Kyle Smith, attuale pilota del Pedercini Racing Team in Supersport. Le sue responsabilità all’interno del paddock della Superbike non sono poche, e oltre a lavorare con il proprio compagno in circuito, è madre di un bambino ed una bambina che a volte sono presenti nel corso dei gran premi più vicini a casa. Nel 2019 Kyle Smith è stato campione europeo di Supersport, per cui l’approccio al 2020 è ricco di positività, e Sandra continuerà ad aiutarlo gestendo tutti gli aspetti.
D.: Come ha deciso di entrare nel mondo del motociclismo? Ricorda a che età ha preso questa decisione?
R.: “Sono entrata nel mondo del motociclismo a 28 anni per via della mia relazione sentimentale con Kyle Smith. Non ho iniziato a lavorare con lui fino ai 30 anni però, e da allora sono sua manager, assistente e contabile.”
D.: Ci può spiegare un po’ in cosa consiste il suo lavoro nel paddock?
D.: Come fa convivere il ruolo di madre col lavoro svolto in circuito?
R.: “È abbastanza dura, escludendo i weekend di Aragón, Jerez e Portimao, viaggiamo soli. Le gare in cui sono presenti i bambini sono folli. D’altra parte la vita quotidiana è più semplice, mentre i bambini sono a scuola si sfrutta il tempo per allenarsi, lavorare e gestire tutti i lavori di casa.”
D.: Quanto influisce sulla sua vita personale questo lavoro che richiede di passare molte ore in viaggio ed in circuito?
R.: “Ci sono occasioni speciali alle quali non si può assistere, dalla nascita di un figlio alle festività. La cosa più difficile è ad esempio stare fuori per due settimane in un fuso orario totalmente opposto al tuo; limita decisamente la comunicazione coi tuoi cari.”
D.: Com’è stato adattarsi ad uno sport che in passato era considerato “da uomini” ma che ultimamente sta ottenendo sempre più visibilità nel mondo femminile? Ha notato cambiamenti in questi ultimi anni?
D.: Qual è stata la migliore esperienza vissuta nel paddock? E quale la peggiore?
R.: “La migliore esperienza per quel che mi riguarda è ottenere obiettivi per il futuro. Un’altra cosa bella del paddock è il fatto che si tratta di una grande famiglia e questo fa sì che tu non ti senta lontana da casa. La peggiore esperienza l’abbiamo vissuta in Tailandia quando Kyle, tagliando il traguardo, ha preso una bandiera nera, che gli ha tolto il secondo posto in gara senza una motivazione chiara o giusta.”
D.: Il tema delle “ombrelline” è tornato ad essere oggetto di polemiche a seguito della loro scomparsa dalle griglie di partenza della Formula 1. Cosa pensa al riguardo?
R.: “Beh dal mio punto di vista, nel motociclismo la figura “dell’ombrellina” è un’icona che è stata stigmatizzata all’esterno del paddock. Le hostess vengono contattate attraverso agenzie di modelle, quindi accettano il lavoro liberamente; sinceramente è un tema che non mi dà fastidio, e oltretutto non lo vivo come viene fatto al di fuori. L’abbigliamento solitamente lo scelgono tra le opzioni che vengono fornite loro.”
D.: Potrebbe raccontare qualche aneddoto (reazioni al suo lavoro che l’abbiano sorpresa positivamente o momenti in cui in qualche modo l’hanno fatta sentire inferiore)?
D.: Infine che consigli darebbe ad una ragazza che vuole lavorare nel mondo dei motori che sia come pilota, meccanico, giornalista ecc.?
R.: “Un consiglio… lo stesso che darei per qualsiasi lavoro. Lavorare duramente, non lasciarsi sminuire da nessuno, e farlo sempre nel miglior modo possibile. Gli uomini sono irriverenti quando sono in gruppo ma alla fin fine è tutto fumo e niente arrosto.”
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