Intervista a Sol Álvarez (GRT Yamaha): «La chiave è amare ciò che fai»

Intervista ad opera di Ana Puerto

Sol Álvarez è la coordinatrice del team GRT Yamaha in Superbike, una squadra che ha fatto il suo debutto nella classe regina lo scorso anno e che prima ancora era impegnata in Supersport. La stagione 2019 ha rappresentato una sfida importante per il team, il quale ha schierato due campioni del mondo: Marco Melandri e Sandro Cortese. Il primo con tanta esperienza dalla sua ed il secondo in veste di debuttante nella massima cilindrata e campione nel Mondiale Supersport 2018. Sol, insieme alla squadra, è riuscita tuttavia a superare ogni difficoltà presentatasi lungo il cammino e, ovviamente, a gioire dei buoni risultati.

La stagione 2020 si prospetta come un’altra importante sfida per Sol Álvarez, e questo perché saranno due esordienti a rappresentare il team: Federico Caricasulo (attuale vice-campione in Supersport) e Garrett Gerloff (terzo classificato del MotoAmerica nel 2019). A loro volta, si sono aggregati al team due nuovi capo-tecnici. In vista della prossima stagione comunque resta la positività la giusta chiave di lettura, infatti il GRT Yamaha WorldSBK spera di raggiungere il miglior risultato possibile.

Nel corso della pausa invernale, sul sito Motosan.es, verranno intervistate alcune addette ai lavori, passando dal paddock di Superbike e MotoGP a quello di altri campionati. Noi su Motomondiale.it vi proporremo la versione tradotta in italiano. L’idea da cui parte il progetto nasce perché le donne che lavorano in questo mondo non sono soltanto piloti, ma anche coordinatrici, addette stampa, giornaliste, “ombrelline”, ecc. Diversi i ruoli che ricoprono, spesso senza ottenere la visibilità che meriterebbero, nonostante il loro lavoro sia di vitale importanza per le squadre.

Federico Caricasulo nel corso dei test di Jerez. Foto: GRT Yamaha

Come ha deciso di entrare nel mondo del motociclismo? Ricorda a che età ha preso questa decisione?

“Ricordo di aver guardato qualche gara di Motomondiale con mio padre quando ero piccola, nell’era delle 500cc con il confronto tra Doohan e Crivillé, però il momento in cui ho capito che avrei dedicato la mia vita a questo sport è stato quando per la prima volta ho assistito dal vivo ad un Gran Premio, per l’esattezza a Valencia nel 2005.”

Ci può spiegare un po’ in cosa consiste il suo lavoro nel paddock?

“Il mio lavoro consiste nell’organizzare la quotidianità dei membri del team, ovvero prenotare voli e hotel, programmare il fine settimana di gara, gestire orari dei pasti, interviste, eventi, accreditamenti ecc. Mi occupo anche di aggiornare i social network ed il sito web della squadra. Se tutto ciò non fosse abbastanza, sono anche responsabile della comunicazione con gli sponsor e di organizzare le attività di marketing che questi ultimi richiedono.”

Quanto influisce sulla sua vita personale questo lavoro che richiede di passare molte ore in viaggio ed in circuito?

“La chiave è amare ciò che fai. Bisogna anche abituarsi ad essere sempre fuori casa, perdersi i compleanni dei familiari, non poter uscire con gli amici semplicemente quando ne hai voglia… Alla fine, quando lavori in questo mondo, la tua squadra diventa la tua famiglia ed il paddock la tua città. I tuoi vicini di box sono i tuoi amici, e puoi addirittura ritrovarti a festeggiare il tuo compleanno su un aereo. Ad ogni modo non cambierei questo lavoro per nulla al mondo, perché posso dire di amare ciò che faccio, di essere felice e sentirmi realizzata.”

Com’è stato adattarsi ad uno sport che in passato era considerato “da uomini” ma che ultimamente sta ottenendo sempre più visibilità nel mondo femminile? Ha notato cambiamenti in questi ultimi anni?

“All’inizio è stato difficile, è vero, però abbiamo fatto passi in avanti in maniera decisa. Dobbiamo disfarci dell’idea che questo sia un “mondo di uomini” perché non è più così. Da undici anni lavoro in questo settore e sì, ho notato un grande cambiamento, ci sono infatti sempre più donne addette ai lavori, e con vari ruoli. Oltretutto le donne nel paddock sono di sostegno l’una con l’altra, non esiste competizione, ma solo collaborazione, e questo fa sì che io mi senta orgogliosa di ciò che possiamo realizzare se solo siamo unite.”

Garrett Gerloff nel corso dei test di Jerez. Foto: GRT Yamaha

Qual è stata la migliore esperienza vissuta nel paddock? E quale la peggiore?

“Non riuscirei a dire quale sia stata la migliore, infatti ho avuto la fortuna di vivere moltissimi bei momenti lavorando qui, però ricordo con molto piacere i miei giorni da Coordinatrice nella European Junior Cup, da dove son venuti fuori piloti del calibro di Augusto Fernández o Hannes Soomer. Lavorare con molti piloti giovani, ragazzi e ragazze dalle più disparate provenienze, è stata una delle esperienze che mi ha maggiormente arricchito. Il passaggio alla Superbike con la mia squadra attuale, il GRT Yamaha WorldSBK, mi spaventava all’inizio ma è stato un anno che non dimenticherò mai. Le peggiori esperienze sono state quelle legate alla perdita di un pilota a causa di un incidente in pista, e purtroppo sono state troppe.”

Il tema delle “ombrelline” è tornato ad essere oggetto di polemiche a seguito della loro scomparsa dalle griglie di partenza della Formula 1. Cosa pensa al riguardo?

“Le “ombrelline” hanno sempre fatto parte di questo sport, ma allo stesso tempo non credo che la loro presenza nel corso del weekend di gara debba essere obbligatoria. Credo sia un lavoro rispettabile, come lo potrebbe essere qualunque mansione di hostess/ragazza immagine. Premesso questo, non sono d’accordo sul fatto che debbano utilizzare i tacchi ad esempio, infatti in una griglia di partenza si vivono momenti di tensione, può addirittura diventare pericoloso. Penso che le squadre dovrebbero essere libere di decidere se usufruire o meno delle “ombrelline” durante le gare, ma sempre in maniera rispettosa e cosciente delle loro condizioni di lavoro.”

Potrebbe raccontare qualche aneddoto (reazioni al suo lavoro che l’abbiano sorpresa positivamente o momenti in cui in qualche modo l’hanno fatta sentire inferiore)?

“Ricordo che una volta, all’inizio della mia terza stagione nella European Junior Cup, i genitori di uno dei nostri piloti si avvicinarono e mi chiesero se fossi una dei partecipanti del campionato e se i miei genitori mi permettessero di viaggiare da sola. Fu un episodio simpatico, perché l’età minima per partecipare alla EJC era dai 14 ai 21 anni, ed io all’epoca ne avevo già 26. Furono sorpresi quando risposi loro di avere più di quanto credessero, ma ancora di più quando capirono che ero la Coordinatrice del campionato. A fine stagione vennero a congratularsi per il lavoro svolto e mi sentii molto orgogliosa. La morale è che in nessun caso bisogna sottostimare la professionalità e le capacità di una persona.”

Infine che consigli darebbe ad una ragazza che vuole lavorare nel mondo dei motori che sia come pilota, meccanico, giornalista ecc.?

“Innanzitutto le direi di non avere paura, e che se questo è ciò che realmente le piace, non deve arrendersi. Vivrà momenti duri, ma quelli positivi saranno di più. Saprà farsi rispettare, diventerà una donna più forte, imparerà cose che mai avrebbe immaginato, aprirà la propria mente al mondo, farà nuove amicizie che dureranno per sempre, imparerà le lingue senza neanche volerlo; arrivare in circuito sarà ogni volta un’emozione, avrà la pelle d’oca ascoltando il rombo dei motori e, soprattutto, le direi che i sacrifici varranno la pena. Il motociclismo, dal mio punto di vista, non è solo uno sport, è un modo di vivere, e lo è per tutti coloro che lavorano in questo mondo.”

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