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La moto giapponese dal doppio motore sta per arrivare: settore sconvolto, è una “tuttofare”

In un mercato delle due ruote sempre più attento alle esigenze dei clienti, dal Giappone arriva lo studio sul doppio motore.

Con la volontà, almeno proclamata, di abbattere le emissioni nocive, di tutelare l’ambiente e di trasformare l’automotive in un settore sostenibile, nell’ultimo ventennio si sono susseguite le ricerche per rendere la teoria concreta. Se un tempo parole come ibrido, applicato al tema macchine poteva suonare strano e innovativo, oggi fa parte del vocabolario comune.

Moto Kawasaki – Motomondiale.it

Basta andare in un concessionario per trovare vetture full hybrid, plug-in o mild-hybrid; è chiaro dunque che il concetto di mescolare un motore termico ad uno elettrico non sia più una novità. Anzi, non solo. E’ stato talmente ben accolto da essere diventato un riferimento assoluto. Da quanto si apprende, infatti, in Europa e anche in Italia, i mezzi che presentano tale commistione stanno andando per la maggiore.

Ma cosa succede nel campo delle moto? In realtà tale sistema nelle due ruote non è per nulla diffuso e questo è dovuto al fatto che alloggiare il complesso gruppo motore in uno spazio angusto come quello è molto difficile e non basta copiare quanto viene fatte per le automobili. Ciò malgrado, nell’ultimo periodo un costruttore in particolare, ha deciso di focalizzarsi su tale soluzione cominciando a prendere le misure su come bilanciare i pesi di unità motrice e batteria.

Kawasaki vuole il doppio motore, le moto vicine ad una svolta

Nella fattispecie si sta impegnando in tale ricerca la Kawasaki che, sulla scia di quanto fatto da Porsche sulla sua 911 T-Hybrid con un accumulatore da soli 1.9 kWh, sta cercando il modo di compattare il più possibile gli elementi. Da quanto diffuso in rete, sulla verdona potrebbe essere applicata la doppia alimentazione, già a partire dalle prossime versioni della Versys e della Eliminator. Su entrambe la batteria verrebbe ospitata sopra la parte a combustione interna, con l’airbox appena alle spalle e il carburante a fluire in due serbatoi esterni allo chassis e posti ai lati.

La domanda si sposta sul lato pratico. A cosa servirebbe una trasformazione del genere? Oltre a ridurre l’inquinamento e a fare bene a tutti noi, anche a rendere la mobilità su moto più versatile, abbattendo i divieti di ingresso ad esempio nelle zone centrali delle città, senza rinunciare alla possibilità di spingersi oltre e ad affrontare anche lunghi viaggi.

Chiara Rainis

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